Da Bologna a Napoli, aumentano nel nostro Paese le esperienze di tutela e accoglienza di chi si muove in condizioni di vulnerabilità legate alla propria identità di genere od orientamento sessuale. Tuttavia queste sono ancora equiparate dalla normativa italiana a fattori genetici o a condizioni di salute. E la questione dei Paesi sicuri amplifica il senso di isolamento, paura e diffidenza. Il nostro viaggio.
“Ripetiamo questo concetto da anni, non ultimo anche davanti alla Commissione Lavoro della Camera dei Deputati in visita a Prato lo scorso 13/03/2025. Serve un approccio organico e non semplicistico. Se vogliamo combattere efficacemente il fenomeno dell’illegalità e dello sfruttamento lavorativo, dobbiamo applicare le norme repressive che già ci sono, a partire dall’art. 603 bis del Codice penale e dalla responsabilità in solido dei committenti, ma dobbI bisogni delle persone migranti Lgbt+ in Italia cominciano a essere più ascoltati: stanno infatti aumentando gli esempi e le pratiche di case e strutture dedicate, principalmente facenti capo al Sistema accoglienza integrazione (Sai), coordinato dal servizio centrale dell’Associazione nazionale comuni italiani (Anci) e dal ministero dell’Interno.iamo anche garantire a chi è pronto a denunciare adeguati strumenti di tutela per la propria protezione personale e sociale. Su questo ultimo tema l’iniziativa del Vescovo, per quanto apprezzabile e lodevole, riporta alla luce il problema dell’emergenza abitativa di chi denuncia e collabora con gli organi inquirenti, perdendo la possibilità di alloggio, perché spesso fornito dallo stesso datore di lavoro, oltre alla perdita del sostentamento economico, legato alla perdita del lavoro, seppur irregolare.”
Secondo la XXII edizione del Rapporto annuale Sai, curato dal dipartimento Dati statistici e studi tematici di Cittalia, al 31 dicembre 2023 i beneficiari Lgbt+ erano circa 218 persone sul totale di 54.512 beneficiari accolti nell’intera annualità (0,4%).
Se inquadriamo la questione geograficamente, il Centro-Nord risulta l’area del Paese dove ci si dedica più attivamente a programmi di accoglienza Lgbt+ e la città di Bologna fa scuola già da diversi anni.
Qui le strutture Sai sono gestite dalla cooperativa sociale Arca di Noè, dal consorzio L’Arcolaio, dall’organizzazione Mondo donna e dalla cooperativa Cidas, coordinate dall’Azienda pubblica di servizi alla persona città di Bologna (Asp), e vantano la collaborazione di numerose associazioni di lungo corso attive sul territorio, tra cui Movimento identità trans (Mit), Il grande colibrì e Cassero Lgbt+ center. I posti attualmente occupati sono 43, divisi in 11 strutture e differenti provenienze dei beneficiari (Costa d’Avorio, Nigeria, Pakistan ma anche Marocco e Brasile). Proprio la sinergia costruita, passo dopo passo, tra enti locali, realtà del Terzo settore e società civile, ha permesso alla realtà bolognese di diventare un punto di riferimento in materia, curando anche webinar e formazioni apposite per il servizio centrale.
“Mi auguro che il cammino intrapreso prosegua sempre più coraggiosamente -riflette Lucia Ferrari, assistente sociale del servizio protezioni internazionali di Asp- sia verso maggiori occasioni di incontro e scambio, tra soggetti vulnerabili e ambiente sociale esterno, sia in azioni di advocacy e sensibilizzazione in contesti fertili e resilienti come quello della scuola”.
(a cura di Giacomo Alberto Vieri – Foto © Claudio Schwarz – Unsplash)