SOSTE. Storia e riflessioni sul Sistema Antitratta

SOSTE. Storia e riflessioni sul Sistema Antitratta.

Nel dicembre 1999 nasce, con il primo bando del Dipartimento per le Pari Opportunità, il percorso che porterà alla costruzione del Sistema Antitratta Italiano. Finanziando 49 progetti destinati all’emersione e all’assistenza delle vittime di tratta — in attuazione dell’art. 18 del Testo Unico sull’Immigrazione — l’Italia avvia nel 2000 i primi interventi strutturati in Europa a tutela delle persone sfruttate, frutto della collaborazione tra istituzioni, Terzo Settore, ordini religiosi e associazioni per i diritti civili. A questo momento fondativo si affianca la nascita del Numero Verde Nazionale Antitratta, che diventerà uno dei pilastri del sistema. In venticinque anni, il modello italiano ha saputo evolversi, affrontando trasformazioni sociali, normative e geopolitiche: dall’attenzione iniziale alle donne vittime di sfruttamento sessuale all’estensione verso nuove forme di sfruttamento, in particolare lavorativo, e a un’utenza sempre più diversificata per genere e provenienza.
Per celebrare questo anniversario e stimolare una riflessione condivisa sul cammino compiuto e sulle sfide future, il Numero Verde Nazionale propone nove contributi di protagonisti del Sistema, arricchiti da illustrazioni di Alessia Maria Provenzano, che restituiscono l’evoluzione, le criticità e la forza di una rete oggi riconosciuta come esempio virtuoso di cooperazione tra istituzioni e società civile in Europa.

A seguire è riportato il testo integrale di Serena Mordini, Cooperativa Sociale CAT e Portavoce della Piattaforma Nazionale Antitratta, il cui intervento offre uno sguardo attento e consapevole sulla storia e sul futuro del Sistema.

Nel finale sarà inoltre possibile scaricare l’intero volume n. 7 di “Soste”, dedicato ai 25 anni del Sistema Antitratta Italiano.

In che modo il terzo settore si è organizzato

di Serena Mordini.

Dal contesto storico e politico durante il quale è stata ideata la normativa a tutela delle persone vittime di tratta, e voltandosi indietro nel tempo, è possibile capire le motivazioni che hanno mosso politici, legislatori ed altri, verso la creazione di un sistema d’interventi che aveva, ed ha, come finalità quella di legittimare i diritti umani, in un contesto che mira al rispetto della libertà individuale e che crea le condizioni per accompagnare le persone verso l’autodeterminazione. Concetto che stride, quest’ultimo, se si immaginano le condizioni di una persona venduta, abusata e costretta in condizioni di sfruttamento e schiavitù, ma da tenere vivo in termini educativi e in riferimento ad una metodologia che punta a rendere la persona innanzitutto consapevole delle condizioni in cui si è venuta a trovare e che mira a sostenere in essa la volontà e la forza di agire scelte di cambiamento.
Se si pensa che l’articolo 18 D.Lgs. 286/98 è una norma di 25 anni fa, è facile immaginare quanto l’Italia sia stata un Paese all’avanguardia, in termini di contrasto alla criminalità organizzata e, soprattutto, in termini di innovazione sociale nei confronti delle persone identificate come vittime. L’innovazione è insita nella scelta normativa del legislatore, che ha come obiettivo quello di sanare situazioni di clandestinità e di irregolarità delle persone vittime di tratta (consapevole del fatto che queste condizioni siano solo a vantaggio degli sfruttatori), ed ha spinto i professionisti del settore a sviluppare strategie ad ampio raggio, che fin dal primo momento hanno richiesto alte competenze e, soprattutto, luoghi di pensiero in cui il confronto, lo scambio e il continuo aggiornamento, hanno rappresentato e, ad oggi, rappresentano il valore aggiunto del Sistema Antitratta italiano.

Da questo ha origine la piattaforma nazionale antitratta, che viene istituita come un coordinamento informale, senza nessuna forma giuridica (scelta motivata anche dalla partecipazione, agli inizi, di diversi soggetti pubblici impegnati negli interventi antitratta), che ha come scopo principale quello di favorire uno scambio non competitivo tra tutti gli operatori e le operatrici, volto al potenziamento delle conoscenze, delle competenze tecniche e delle professionalità. Ancora oggi, all’interno della piattaforma, ci si riconosce attorno alla convinzione che il contrasto a un fenomeno sempre più multidimensionale (le vittime, potenziali o accertate, presentano vulnerabilità molteplici e interconnesse, che impongono interventi capaci di superare la frammentazione dei servizi) possa essere affrontato solo in un’ottica di multi-agenzia, di rete sia territoriale sia nazionale, e di quanto sia fondamentale adottare una presa in carico multidisciplinare, sostenuta da una rete di protezione realmente integrata, in grado di oltrepassare le logiche burocratiche della “proprietà del caso” e di garantire risposte tempestive, coordinate ed efficaci.

La piattaforma rappresenta, presso il Dipartimento per le Pari Opportunità, numerosi enti italiani iscritti alla seconda sezione (1) e attivi nella prevenzione e nel contrasto allo sfruttamento sessuale e lavorativo, etc.; le sinergie costruite a livello nazionale e territoriale favoriscono l’emersione delle vittime e consentono di rispondere in modo efficace e professionale ai bisogni di protezione, accoglienza e inserimento socio-lavorativo. Nel quadro descritto in precedenza, la rete antitratta riveste un ruolo di primo piano, contribuendo all’espressione di una governance centrale – quella realizzata dal Dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri – riconosciuta a livello nazionale e internazionale, che si è distinta come promotrice di protocolli operativi, azioni di sistema e pratiche di intervento multi-agenzia. La spinta verso il maggior coinvolgimento degli enti territoriali e locali, auspicata nel Piano Nazionale Antitratta 2022-2025, in veste di enti promotori ed attuatori dei Progetti, non si è concretizzata nell’assunzione diffusa di ruoli e responsabilità delle Regioni nelle governance locali, né sul versante politico di corresponsabilità con i Progetti, né su quello economico attraverso l’apporto di risorse in cofinanziamento. Gli Enti del Terzo Settore sono risultati nel tempo, sui rispettivi territori, i principali autori dello sviluppo del Sistema Antitratta, della rete multi-agenzia e dei meccanismi di referral, attraverso la stipula di accordi e protocolli e la condivisione di procedure operative con le istituzioni.

Gli stessi Enti del Terzo Settore che aderiscono alla piattaforma, siano essi enti proponenti o attuatori dei Progetti, partecipano stabilmente al confronto, allo scambio di conoscenze e prassi e alle formazioni promosse dal Numero Verde Nazionale Antitratta e dall’Osservatorio permanente sui fenomeni della tratta e del grave sfruttamento, con periodici incontri di rete in presenza e da remoto, e sono co-protagonisti della ricerca- azione, proposta e sperimentazione di nuovi interventi in risposta ai fenomeni osservati, con l’approccio bottom-up, multidisciplinare e multi-livello che da sempre caratterizza il Sistema Antitratta italiano.

Pensando alla piattaforma come ad un laboratorio costante di pensiero, di esperienze e di formazione, si comprende dove affondino le basi che hanno costituito la responsabilità sociale e politica di tutti i suoi componenti. Per la piattaforma è fondamentale l’attenzione alle politiche migratorie e sociali che negli anni hanno subito oscillazioni importanti, anche in termini di logiche securitarie, che hanno rappresentato il quadro normativo dentro il quale si sono inseriti gli interventi a sostegno delle persone vittime di tratta e di grave sfruttamento. Esiste una relazione stretta tra il Sistema Antitratta e le politiche dell’immigrazione, quell’insieme di norme che regolano l’ingresso e il soggiorno nel nostro Paese. Quando tali norme si basano su approcci ispirati dal concetto di “sicurezza” e pongono al centro misure restrittive anziché attenzione agli aspetti umanitari, avviene un irrigidimento dei contesti in cui le persone possono muoversi e in cui gli operatori possono agire, aumentando, di fatto, le loro difficoltà di operare per favorire l’emersione delle vittime dalle condizioni di sfruttamento e l’accesso al Sistema Antitratta nonchè ai servizi di carattere socio-sanitario in genere. Questa dinamica, senza dubbio, può generare un aumento della vulnerabilità delle persone, che si trovano ad essere sempre più isolate e sempre più fragili nei confronti delle organizzazioni criminali.

Nella carta d’intenti condivisa dai soggetti parte del coordinamento si legge: «La piattaforma Nazionale Antitratta si propone come “luogo” aperto di collaborazione e confronto tra soggettività differenti, in un’ottica di costruzione di “meticciato”, di reciproco riconoscimento e pari dignità tra i soggetti che in essa si riconoscono». Da questo nasce e si sviluppa il pensiero alla base di quella che si può definire l’ottica di responsabilità civile e politica di questo coordinamento.

Le attività contro la tratta e lo sfruttamento di esseri umani non devono esser lette solo come una questione di applicazione della norma, ma anche in un’ottica di intervento sociale, educativo e sanitario, oltre che, come citato nel paragrafo precedente, una responsabilità legata al rispetto dei diritti umani, anche in termini di rispetto della libertà delle persone.

Una frase celebre di Piero Calamandrei parla di «…affermazione solenne della solidarietà sociale, della solidarietà umana, della sorte comune, che se va a fondo, va a fondo per tutti questo bastimento». Ho scelto di citare queste parole perché mettono in evidenza come il destino di una società sia legato al destino di tutti i suoi membri, riportando a questi una responsabilità collettiva, assimilabile a quanto io rappresento, in qualità di portavoce di piattaforma Nazionale Antitratta. Detto ciò, mi preme altresì chiarire, che con questa citazione non intendo descrivere un moto “assistenziale” dei professionisti del Sistema Antitratta, piuttosto raccontare la scelta da parte degli operatori del settore, di riconoscere le persone come soggetti attivi e capaci di riprogettare la propria vita, anziché destinatari passivi di interventi. Interventi per i quali si impone una riflessione profonda, così come sull’adattamento dei servizi e delle strategie operative, alla luce dell’aumento della vulnerabilità sociale, economica e sanitaria delle persone e dei nuclei. Le nuove forme di sfruttamento, le strategie per favorire l’emersione e i nuovi target che si affacciano nelle strutture di accoglienza del Sistema Antitratta nazionale sono solo alcuni dei temi oggetto di confronto fra gli enti antitratta che partecipano in piattaforma.
L’atto politico, in primis è appartenere ad un coordinamento come la piattaforma e lavorare ad un impegno collettivo che, oltre e attraverso gli impegni professionali, porti avanti un’attività di advocacy, anche lavorando sulle rappresentazioni dei fenomeni e delle persone che ne sono vittime. L’uso della narrazione per andare contro la narrazione che legge e riduce le persone a numeri o a stereotipi, o peggio ancora, a fenomeni da reprimere.

(1) Registro delle associazioni che svolgono attività a favore degli immigrati (art. 42 del Testo Unico sull’immigrazione – D.lgs. del 25.07.1998 n. 286). Il Registro si articola in due Sezioni: Prima Sezione – enti, associazioni e altri organismi privati che svolgono attività a favore dell’integrazione sociale degli stranieri, come previsto dall’art. 42 del Testo Unico sull’immigrazione – D.lgs. del 25 luglio 1998 n. 286. Seconda Sezione – enti ed associazioni che svolgono programmi di assistenza e protezione sociale disciplinati dall’art. 18 del Testo Unico sull’Immigrazione (D.lgs. del 25 luglio 1998 n. 286).

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